Le mummie di Anubi, Parte 1 Esclusiva del T.C.R. Forum (Mio)

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Drago_Blu
view post Posted on 5/6/2009, 21:17




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A questo punto, prima di attraversare il mondo andiamo in quella che è universalmente riconosciuta come la vera patria della mummificazione. Gli Egizi iniziarono sin dagli albori della loro civiltà a interrogarsi sull’oscura realtà della morte. Non avevano dubbi sul fatto che li attendesse un’altra vita nell’aldilà, ma per poterne beneficiare, bisognava attrezzarsi nel modo giusto. Tanto per iniziare, il corpo non doveva essere distrutto per non compromettere la possibilità dell’anima o dello spirito vitale di proseguire il cammino ultraterreno. Per garantire il ritorno alla vita l’immagine, ma anche il nome del defunto, non dovevano andare perduti, essi dunque furono dipinti, rappresentati e incisi più volte nelle tombe. Quale grave crimine aveva commesso Tutankhamon, punito proprio con il tentativo di cancellarne per sempre il nome? In Egitto sono state trovate decine di migliaia di mummie anche perché il suo clima arido e secco ha permesso di mantenere i corpi nella sabbia per secoli, eppure via via che le tombe divennero sempre più sofisticate si dovette escogitare un metodo diverso per conservare i cadaveri, non essendo più a contatto diretto con essa. Non basterebbe l’intera monografia per parlare delle mummie d’Egitto e non è il caso di dilungarsi descrivendo i complicati procedimenti grazie ai quali la civiltà del Nilo preparava i propri morti. Ci basta sapere che gli Egizi, tra tutti i popoli del Mediterraneo, si distinsero proprio per aver sviluppato pratiche funerarie del tutto particolari. È stata l’unica cultura di quest’area a dar vita a una casta di creatori di mummie. I sacerdoti imbalsamatori, avendo il compito di officiare rituali di fondamentale importanza, detenevano un ruolo sociale molto elevato nella società. Era stato Anubi “l’imbalsamatore divino”, nonché guardiano dei cimiteri, a inventare la mummificazione. Ciò accadde quando aiutò Iside a ricomporre le spoglie smembrate di Osiride, il dio dell’aldilà, per poterlo riportare in vita e farsi fecondare. È per tale ragione che i sacerdoti che si occupavano dei cadaveri indossavano una maschera con le sembianze del dio-sciacallo, come compare in molte pitture sepolcrali.
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La mummia, se opportunamente preparata, sarebbe essa stessa diventata un Osiride, la cui forza era quella di autorigenerarsi. Era infatti vista come una divinità capace di garantire la beatitudine della rinascita, in una formula tratta dai testi del sarcofago si legge: «Che io viva o io muoia io sono Osiride, io entro in te e ricompaio attraverso di te, mi decompongo in te, cresco in te… Che vivo o muoia sono il grano e non sarò distrutto». Osiride era il dio della fertilità, assicurava con l’inondazione del Nilo la resurrezione dei campi e la prosperità della terra.
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Secondo il mito aveva trionfato sulla morte, la sua miracolosa resurrezione infondeva ai comuni mortali la speranza nella vita eterna. Il viaggio verso l’aldilà era paragonato al cammino quotidiano del Sole, avveniva su una barca sacra e al termine del pericoloso tragitto attraverso le tenebre il defunto si sarebbe trovato, nel giorno del giudizio, al cospetto di un tribunale di divinità presieduto da Osiride. Qui Anubi prendeva il cuore del morto, l’unico organo interno che non veniva asportato, e lo poneva su un piatto di una bilancia. Soltanto se fosse stato leggero come una piuma il suo proprietario avrebbe potuto abbracciare Osiride e uscire alla luce del giorno. Non è giunto a noi alcun papiro che descriva il segreto della mummificazione, si pensa che fosse gelosamente custodito e trasmesso oralmente di padre in figlio, ma abbiamo il racconto di un testimone oculare, lo storico greco Erodoto che visitò l’Egitto nel corso del V secolo a.C. Nelle Storie questi c’illustra con grande dovizia di particolari i tre metodi utilizzati che si distinguevano soprattutto per la minore o maggiore accuratezza, in base al rango sociale del defunto. Elemento decisivo perché i corpi non si disfacessero fu l’introduzione dell’eviscerazione.
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Caratteristica peculiare degli Egizi fu il bendaggio dei corpi e l’inserzione tra le fasce di amuleti magici. Per avvolgere il corpo si servirono di strisce di stoffa usata e sulle fasciature venivano scritte formule rituali. I sacerdoti recitavano preghiere mentre procedevano nell’operazione, s’iniziava col bendare ciascun dito singolarmente, poi le membra, il volto e, infine, il corpo intero. Il defunto era così pronto per la sua “seconda nascita”.
Fine Prima Parte


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